Le opere dell’artista svedese Mats Bergquist si presentano allo sguardo come figure enigmatiche, misteriose, come se nel silenzio potessero consegnarci un arcano segreto tenuto nascosto sin dalle origini del tempo. L’artista parte da supporti lignei e con un lungo processo di stratificazione di sottilissimi strati materici ottiene volumi che si presentano come superfici concave o convesse.
Per la realizzazione dell’opera, occorre dunque un tempo, che non è mai semplicemente cronologico, ma è piuttosto quello delle preghiera, del desiderio di un incontro con qualcuno a cui affidarsi, come quello dei monaci in attesa che lo spirito guidi i loro gesti per dare vita all’immagine di un’icona. La consistenza fisica dell’opera è dunque ottenuta grazie a un lento e progressivo gesto di sovrapposizione di materia, fino a quando il piano dell’oggetto risulta liscio e perfettamente levigato. La superficie non presenta alcun tipo di segni, di forme imitative o naturalistiche.
Per l’opera Nave votiva, eseguita nel 2017, Bergquist si ispira alle imbarcazioni di vichinghi, strette e affusolate, sulle quali pone ceneri a ricordo che ogni uomo è destinato alla morte. I popoli del Nord Europa le trasformavano in commoventi ex voto da presentare nei templi, prima che fossero lasciate libere al fluire della corrente del fiume, in un viaggio verso l’eternità. L’artista da così corpo a poetici volumi densi di senso, che sembrano risalire da una dimensione senza tempo, fino a raggiungere il nostro presente.