Fabio Mangone (1622-1630) e
Francesco Maria Richini (1633-1638)
Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano
Visione di Sant'Ignazio (1622 ca.)
Olio su tela
La prima cappella a destra è un altare dedicato al fondatore dell’ordine dei gesuiti, Ignazio di Loyola (1491-1556). Beatificato nel 1609 e canonizzato nel 1622, sant’Ignazio è raffigurato nella pala realizzata dal Cerano.
L’altare ha una struttura a edicola, innalzato con marmi di colori diversi ornati di stucchi policromi. Le colonne di marmo nero hanno capitelli corinzi in bronzo. Al centro della trabeazione, una cartella reca il motto dei gesuiti
Ad maiorem Dei gloriam. Sopra il timpano sale una gloria del Nome di Gesù, con ai lati due statue allegoriche. L’altare fu probabilmente progettato dall’architetto Fabio Mangone, che avrebbe disegnato figure allegoriche anche per le pareti laterali, ma i lavori di realizzazione furono interrotti (forse per la peste del 1628-1630) e terminati da Francesco M. Richini. Le pareti laterali furono completate solo nel Settecento, con le statue dei giovani santi gesuiti Luigi Gonzaga (a sinistra) e Stanislao Kostka (a destra), canonizzati nel 1726.
La pala d’altare di Giovanni Battista Crespi, detto il Cerano, raffigura la visione che sant’Ignazio nel 1538 ebbe alla Storta, presso Roma. Qui, durante un viaggio che lo portava nella città, il fondatore dell’Ordine ebbe una visione di Gesù con la croce sulle spalle, accanto il Padre. In risposta al Padre che gli diceva «Voglio che tu pigli questo per servitore tuo», Gesù aggiunse: «Voglio che tu ci serva». Tale momento segna per Ignazio la chiamata alla mistica dell’unione con Cristo e alla mistica del servizio. Nella fondazione della Compagnia di Gesù, l’episodio riveste un’importanza centrale anche per la scelta del nome dell’Ordine.
Giovanni Battista Crespi, di origini novaresi e attivo a Milano dalla fine del Cinquecento e soprattutto negli anni del cardinale Federico Borromeo, fu uno dei principali artisti del capoluogo lombardo nel XVII secolo. I grandi teleri rappresentanti i Fatti della vita di San Carlo, a lui commissionati nel 1602 per il Duomo di Milano, gli permettono di affermarsi come uno dei maggiori esponenti dell’arte della Riforma cattolica di area lombarda. La sua pittura si distingue per un carattere intensamente espressivo. Il suo stile tardo manierista, spesso dolcemente mistico, esprime nel dipinto di sant’Ignazio accenti devozionali, in una composizione densa di colore e fortemente chiaroscurata.