Cappella "delle Ballerine"

L’ambiente della cappella, a cui in passato si accedeva direttamente dalla strada, conserva molte memorie della città: le lotte tra grandi famiglie milanesi nel Medioevo, l’assistenza ai condannati a morte, la più recente tradizione delle ballerine del Teatro alla Scala che, fino agli anni Ottanta, prima di un debutto, deponevano un fiore davanti all'immagine della Madonna del latte, detta Madonna  «dei Torriani». Il nome della retrostante via Case Rotte richiama vicende del 1311, quando i Visconti trassero in inganno i Torriani e li fecero colpire dalle truppe dell’imperatore Enrico VII, mentre la popolazione distruggeva le case della famiglia che si trovavano proprio in questo luogo.
Nel 1395 Giangaleazzo Visconti dedicò a san Giovanni Decollato una piccola chiesa che si trovava sul posto e la assegnò a una confraternita dedita all’assistenza dei condannati a morte, soppressa nel 1784 (ricordata nella lapide nera). Questa chiesetta, sconsacrata nell’Ottocento e poi demolita, custodiva una piccola cappella con l’antica Madonna «dei Torriani» che nel 1875 fu prelevata e collocata in questa cappella. La Madonna, nell’affresco eseguito alla fine del Trecento, dagli occhi a mandorla e dal volto pensoso, sta allattando il Bambino. Si tratta di un tema di grande fortuna nell’Italia centro-settentrionale fra XIV e XVI secolo. La rappresentazione riprende un’antica iconografia, diffusa fin dall’antico Egitto e che compare nei Vangeli apocrifi, messi all’Indice dei libri proibiti. Per questo, nel periodo che segue il Concilio di Trento, tale soggetto scompare. Dalla medesima chiesa di San Giovanni Decollato proviene infine la grande tela di Francesco Cairo con la Decollazione di San Giovanni Battista (1662 - 1664), oggi esposta nella Sala Nanda Vigo del Museo.

Nella cappella sono presenti alcune opere dell’artista irlandese Sean Shanahan realizzate nel 2013: a fianco dell’affresco trecentesco, i pannelli monocromi su MDF che riprendono i colori di Maria, rosa e azzurro, simboli dell’infinito che riveste la carne della sua umanità. Inoltre, una serie di piccole opere in marmo situate nel fregio al di sopra dello zoccolo che divide la parte superiore da quella inferiore della cappella. Sono delicate scalfitture, riquadri dedicati ai santi della chiesa.

Christian Megert
Frammentazioni verso la Gerusalemme celeste
2018
Installazione
Christian Megert, membro storico del Gruppo Zero, realizza un’installazione in un passaggio, angusto e piccolo, chiuso da molto tempo, che collega la cappella “delle ballerine” con l’abside della chiesa. L’abside è uno spazio altamente simbolico che rappresenta la meta del pellegrinaggio che l’uomo è chiamato a compiere per giungere alla salvezza, come nelle specchiature dei dossali del coro, in cui sono rappresentate immagini della Gerusalemme Celeste. Tuttavia, grazie all’intervento dell’artista, questo luogo stretto e anonimo si trasforma radicalmente. Completamente rivestito di specchi che seguono l’andamento irregolare delle pareti, lo spazio si amplifica, si moltiplica all’infinito, le luci si riflettono sulle superfici evidenziando la frammentazione. L’abside della chiesa, in modo particolare la parte retrostante dell’altare maggiore, e l’area della cappella si riflettono negli specchi, in modo tale che quando entriamo nello stretto passaggio abbiamo la percezione di uno smarrimento, di una perdita di orientamento. Tutto acquisisce nuove dimensioni. Lo spazio appare inafferrabile, senza punti di riferimento. È come se la nostra identità si fosse smarrita nello sforzo interminabile di una continua ricerca di senso e di unità. Tutto sembra abitato dalla precarietà. Lo specchio perde qui l’antica funzione simbolica di rimando alla vanitas, al memento mori, per immetterci in un contesto simbolico in cui la nostra identità è moltiplicata, frammentata, parcellizzata. “Guardarsi” allo specchio non si esaurisce in un gesto narcisistico, ma diventa un modo per interpretare le modalità con le quali ci poniamo nel mondo, spesso confuse e prive di riferimenti. Il passaggio attraverso quel piccolo spazio diventa un contemplare la nostra vita, nelle sue infinite sfaccettature. La frammentazione di quel luogo diventa la frammentazione del mondo e del nostro essere nel mondo. Senza questo “transito”, non ci potrebbe essere consapevolezza di quello che siamo e viviamo, della direzione che vogliamo intraprendere, del destino verso cui siamo diretti. Solo a partire da questa auto-consapevolezza, possiamo accedere alla Gerusalemme Celeste che scende dal cielo, la città dono di Dio in cui vivremo nella comunione e nella pace.
Madonna Torriani cappella