Altare maggiore di P. Pestagalli (1835), statue di G. Monti. Claudio Parmiggiani, Corona di spine (2014). Ettore Frani Sepolcro Glorioso (2018)
Claudio Parmiggiani
Corona di spine
(2014)
La Corona di spine, collocata nell’altare maggiore, costituisce una riflessione sul tema del volto, centrale nella fede cristiana. In particolare si lega al velo della Veronica sul quale, secondo la tradizione, si sarebbe impresso il volto di Cristo durante la salita al Golgota. L’autore concentra l’immagine impressa nel velo nello strumento del suo supplizio. Solo l’oro che avvolge la corona lascia presagire la resurrezione.
Claudio Parmiggiani (n. 1943) non è nuovo a interventi in ambito liturgico. Con attenzione sceglie una collocazione all’intero di un elemento antico: l’altare maggiore ottocentesco. Questa grande «macchina» neoclassica, concepita per esaltare simbolicamente il passaggio dalla morte alla vita, custodisce le reliquie di San Fedele e San Carpoforo, martiri cristiani dei primi secoli, portate a Milano da San Carlo Borromeo nella seconda metà del Cinquecento. La corona è collocata su un tronetto d’argento, sul quale in passato era esposto il Santissimo. Si trova al di sopra della mensa, dei busti in argento, dei medaglioni con i volti degli apostoli e di fronte al grande tabernacolo in legno dorato avvolto da una teoria di colonne sormontate da una calotta con la statua marmorea del Risorto. L’autore nota le articolazioni simboliche che si stabiliscono tra i corpi dei martiri, seme dal quale nasce la comunità dei credenti, e la mensa d’altare su cui si celebra il mistero della morte e risurrezione di Cristo, i volti dei santi, il tabernacolo e infine il Cristo che sovrasta l’intero altare. Tutto sembra esaltare il passaggio dalla morte alla vita.
In questa complessa articolazione simbolica, i busti degli evangelisti che hanno trasmesso la parola alle genti, portano in capo l’aureola, simbolo di santità e di gloria. Tutto l’altare parla di santità. L’autore riflette sul simbolo dell’aureola, tipica della tradizione cristiana, e la pone in dialettica con la corona di spine: è come se le aureole dei santi si trasformassero nella corona «regale» del Christus patiens. Non vediamo il volto di Cristo. Rimane nascosto al nostro sguardo, è assente. Vediamo la corona di spine, corona regale sub contraria specie. Essa ferisce, umilia, trafigge. È la corona di un Dio che entra nella storia dell’uomo per farsi servo. Il volto di Cristo potrà essere contemplato nella pienezza della sua gloria quando, nella parte superiore dell’altare, si presenterà come Risorto. La corona di spine diventa così passaggio verso l’«oltre».
Ettore Frani
Sepolcro Glorioso (paliotto d'altare)
(2018)
L’opera Sepolcro Glorioso, di Ettore Frani si fonda sul concetto di attesa di una rivelazione, di un’epifania. Attraverso la tecnica dell’olio su tavola laccata e un finissimo registro stilistico calibrato sulla resa tattile dell’immagine, l’artista mette in scena immagini avvolte da un segreto, da un’aura di mistero che sembra sul punto di svelarsi davanti al nostro sguardo. Il raffinato plasticismo della sua pittura, ottenuto unicamente attraverso il colore nero, steso sulla superficie bianca del fondo con intensità diverse, crea, di volta in volta, profondità, atmosfere silenti, soffuse ed estranianti. Il suo opposto - il bianco - emerge così direttamente dal fondo: la sua presenza e la sua carica luminosa sono legate in questo modo a un preciso lavoro di «sottrazione» del nero che l’artista compie sulla superficie. Contrariamente a quanto accade nell’opera di Caravaggio, che dal fondo oscuro fa emergere alla luce le figure, è come se in Frani l’immagine emergesse invece dal bianco, dalla luce che incontra la materia opaca del nostro mondo, facendosi spazio, oggetto. In una continua ricerca di dialogo del San Fedele tra arte e fede, all’artista è stato chiesto di realizzare per il periodo della Quaresima 2018 il paliotto per l’altare maggiore della chiesa, che accoglie le spoglie dei santi Fedele e Carpoforo. Si tratta di una Risurrezione. Sulla pietra del sepolcro è steso il telo sindonico. In un potente e contemporaneamente delicato poema della luce, un evento sta per accadere o è appena accaduto: il passaggio dalla morte alla vita.