Agostino Santagostino, San Carlo che trasporta le reliquie dei Santi Fedele e Carpoforo (seconda metà del XVII sec)
In una notte di febbraio del 1576 le reliquie dei Santi Fedele e Carpoforo vennero prelevate per volere dell’arcivescovo Borromeo da Arona, sua città natale, e trasportate a Milano. Il fatto suscitò le ire degli aronesi, ma ciò era nel potere dell’arcivescovo che fin da giovane era abate commendatario della chiesa dei Santi Gratiniano e Felino, affidata nel 1572 ai padri gesuiti. In concomitanza con l’apertura di uno speciale giubileo, le reliquie vennero trasportate con grande processione in San Fedele, nello spirito del culto della Chiesa antica per i Corpi santi.
Questo momento è il soggetto del telero di Agostino Santagostino, probabilmente commissionato dal conte Renato Borromeo che era legato ai gesuiti e teso a un’incessante valorizzazione del proprio casato.
All’inizio degli anni Settanta dei Seicento Agostino Santagostino, insieme al fratello Giacinto, fu coinvolto nella realizzazione di due opere destinate a San Fedele, raffiguranti due momenti fondamentali per la storia della chiesa a testimonianza degli stretti legami tra san Carlo e la Compagnia di Gesù: La posa della prima pietra, probabilmente di Giacinto e nell'Ottocento trasferita per fare spazio all'organo, e La traslazione delle reliquie, entrambe destinate a essere posizionate ai lati del presbiterio. La data di commissione ed esecuzione dei due dipinti è probabilmente il 1672-73, un decennio prima del completamento della cupola, coincide con il centenario dell’affidamento ai gesuiti dell’abbazia di Arona da parte di san Carlo.
La barella con la sacra teca (che tuttora si trova dietro il paliotto) avanza lentamente, barcollando, portata dall’arcivescovo che sembra irradiare luce dai paramenti dorati riservati alle grandi occasioni. Carlo Borromeo è accompagnato da membri del clero e dalle massime autorità cittadine. Senatori e giureconsulti con il «robbone» nero guarnito di pelliccia reggono il baldacchino, sulla sinistra è inginocchiato il governatore spagnolo del tempo, don Anton de Guzmán y Zuniga. Ma protagonista è soprattutto la folla: emozionata, curiosa, festosa, si accalca tanto da far pericolosamente ondeggiare il baldacchino di velluto rosso. A sinistra due donne si inginocchiano, mostrando il bambino a impetrare protezione, a destra un uomo nei sontuosi abiti del tempo, avanza sconcertato e commosso, mentre un ragazzo si arrampica su una colonna del portale inghirlandato. Perno della composizione è il giovane chierico con la cotta bianca, raffigurato al centro in atto di predisporre il turibolo; sullo sfondo si intravvedono le volte di San Fedele, in alto un vorticare paradisiaco di angioletti in volo.